Salvare la democrazia dall’età dell’informazione – Italian Version of Saving Democracy from the Internet – By Steven Clift – 2004

Il Riformista – New Politics, Monday 1 March 2004

Salvare la democrazia dall’età dell’informazione

Oggi c’è bisogno di un e-government equilibrato

“È la fine della politica così come la abbiamo conosciuta?”

Negli Stati Uniti, giornalisti di tutto il paese si sono ricorsi per scrivere il loro pezzo su Internet e le presidenziali. I cittadini stanno usando Internet per connettersi (con MeetUp.com per esempio) e partecipare alla campagna di loro scelta.

Personalmente mi hanno fatto per la prima volta la domande della “fine della politica” nel 1994 quando E-Democracy.Org lanciò il primo sito web al mondo con contenuti elettorali. Da allora ho visto ondate di eccesso di entusiasmo e scetticismo circa il ruolo dei nuovi media nelle elezioni, nel governo e nella comunità locale.

Per quanto mi riguarda, il risultato delle elezioni, a parte Internet, rimane praticamente lo stesso – qualcuno vince e qualcuno perde. La maggior parte dei cittadini mantiene un atteggiamento di cinismo riguardo la politica e il governo. A parte rispondere a qualche e-mail e pubblicare on line la loro biografia, i politici sembrano felici di ignorare le opportunità offerte dai media on line per il governo finché non si presenta un nuovo appuntamento elettorale.

Qualcosa è cambiato.

Negli ultimi dieci anni le i governi hanno avuto la possibilità di usare le nuove tecnologie attraverso l’e-government per dialogare direttamente con i cittadini. La pubblica amministrazione ha avuto la possibilità di diventare più trasparente, accessibile e rafforzare la fiducia dei cittadini. Invece, la maggior parte delle amministrazione ha imboccato la strada dei servizi prima e la democrazia dopo. L’accesso all’informazione è diventato più agevole e molti processi rappresentativi sono più aperti che prima dell’avvento di Internet, ma per la maggior parte dei cittadini le cose sono cambiate poco.

Imboccare una strada è differente che sceglierne una. La stragrande maggioranza degli “utenti” della pubblica amministrazione cerca convenienza ed efficienza nei servizi; tuttavia, in democrazia, noi tutti siamo anche “cittadini”. Siamo i titolari dello Stato. I governi si sono concentrati sull’uso unidirezionale di Internet e sulle transazioni elettroniche perché pochi cittadini hanno chiesto qualcosa di diverso. La democrazia nell’età dell’informazione non è una scelta che esisterà sulla base della domanda dei cittadini.

Quello che è cambiato è che la politica ordinaria (politics as usual) ha trovato il modo di usare Internet per perseguire i suoi specifici interessi. La promozione di temi on line, sebbene per molti versi abbia un effetto di democratizzazione, è usata principalmente per generare rumore rivolto ai nostri rappresentanti eletti.

I governi in paesi connessi in rete affrontano oggi una sfida basilare. Gli interessi politici stanno iniziando a far sentire la propria voce on line, ma i governo, compresi i nostri politici eletti e istituzioni rappresentative, sono largamente incapaci di “ascoltare” on line.

Quando ho avuto occasione di parlare in Europa dell’Est, quello che davvero mi ha colpito è che l’e-government, così concepito, non è in grado di incontrare la volontà delle persone. La scarsezza di investimenti per i nostri bisogni on line di democrazia rappresentativa, comparata alle ingenti somme destinate ai servizi amministrativi, sta cambiando i rapporti di forza nelle nostre democrazie.

Nonostante molte ricerche significative e progetti pilota nel Regno Unito, Svezia, e Australia per esempio, è incredibile come la sola nazione o paese ad aver adottato una politica formale di democrazia elettronica sia stato lo stato australiano del Queensland. Non che ci sia bisogno di una politica speciale per mettere in piedi delle attività significative di democrazia elettronica, ma si tratta di qualcosa che aiuterebbe a smuovere i governi al di là della retorica e degli esperimenti per salvare davvero la democrazia dagli aspetti negativi dell’età dell’informazione.

Cosa bisognerebbe fare?

Al Summit Mondiale per la Società dell’Informazione a Ginevra, ho promosso il concetto di “evoluzione democratica” piuttosto che la strada della “guerra civile virtuale” (risentiamoci dopo le elezioni americane del 2004. Prevedo che l’uso degli strumenti di campagna on line da parte dei soliti politicanti avvelenerà l’immagine che i cittadini hanno del mezzo in politica e governo). Le amministrazione, come le democrazie, devono agire subito in modi specifici per assicurare la loro capacità di ascoltare i cittadini, realizzare migliori decisioni pubbliche, e coinvolgere più efficacemente il pubblico, la società civile, il mondo delle imprese nell’implementazione delle politiche pubbliche.

Nel mio intervento a Ginevra, ho suggerito che le seguenti buone pratiche di e-democracy dovrebbero essere rese universali attraverso apposite leggi:

1) Tutti gli avvisi di incontri pubblici insieme agli ordini del giorno e ai documenti che sono distribuiti agli incontro devono anche essere pubblicati on line

2) Tutti gli organi rappresentativi o preposti ad approvare regolamenti dovrebbero rendere disponibile on line tutte le proposte di legge e gli emendamenti non appena una qualunque versione sia distribuita al pubblico con valore di legge

3) Ogni cittadino deve essere messo nelle condizioni di accedere ad elenchi aggiornati di tutti coloro che lo rappresentano a ogni livello di governo. Inoltre, devono essere messe in opera le dovute pratiche e tecnologie per permettere di comunicare gli uni con gli altri ai cittadini e, molto importante, agli amministratori pubblici eletti o nominati

Complessivamente, quando si tratta di parlare di fondi per l’e-government, suggerisco che non meno che il 10 percento sia messo da parte per azioni volte a promuovere la partecipazione dei cittadini e la democrazia. La partecipazione dei cittadini comprende forme a due vie di comunicazione, come anche i test di usabilità, i focus group con gli utenti, i sistemi di feedback e i sondaggi, e applicazioni speciali concepite per le istituzioni rappresentative e per gli amministratori eletti.

Dopo aver parlato centinaia di volte per 24 paesi, per lo più ad amministrazioni interessate all’e-democracy, mi è diventato chiaro che quello che è possibile non è probabile. Le migliori pratiche e le tecnologie per l’e-democracy non sono condivide efficacemente. Se vogliamo che il potenziale dimostrato del nuovo messo si dispieghi, c’è bisogno di un intento democratico. Entrando la seconda decade di attività legate all’e-democracy, ora è tempo di usare gli strumenti straordinari che abbiamo di fronte and costruire una democrazia della società dell’informazione per noi e le generazioni future.

Steven Clift è un esperto di e-democray riconosciuto a livello internazione e Presidente di E-Democracy.Org. I suoi articoli sono disponibili su http://publicus.net.  Traduzione di Mattia Miani.